Nell’immaginario i vent’anni rappresentano una fase della vita attiva, felice e dinamica.
Sappiamo che non è proprio così.
Quando si supera la maggiore età, la richiesta è quella di diventare grandi, di assumersi delle responsabilità: compiti difficili soprattutto quando ci si sente in preda a un forte senso di precarietà e smarrimento.
Ci sono tante strade possibili, tutte incerte.
Chiudersi nella propria stanza può rappresentare così un’inevitabile dolorosa scelta, meno dolorosa probabilmente dello scontro con la sensazione di non avere un futuro.
Queste forme di sofferenza vengono spesso chiamate “ritiro sociale” (soprattutto quando insorge precocemente) mentre con il termine “NEET” – giovani inattivi, generazioni sospese – viene fatto riferimento a tutti quei ragazzi, non più adolescenti, che non riescono a scegliere una strada e a separarsi dalle famiglie.
I genitori sono spesso esausti e molto preoccupati. Non riuscire a vedere un futuro per il proprio figlio è penoso e carico di preoccupazioni e spesso porta a dei conflitti in famiglia più o meno esplicitabili. Si fanno i salti mortali per continuare a mantenere la casa, i figli, il lavoro, la macchina ma paradossalmente i ragazzi si sentono spesso imbrigliati in una ragnatela di rabbia, colpa e vergogna da cui non riescono a trovare via di uscita.
Sgridarli non serve, spronarli nemmeno, meno che mai farli sentire umiliati e incapaci nella loro ricerca di autonomia e nel loro percorso di crescita.
Spesso i vissuti emotivi che hanno portato a queste situazioni si sono cristallizzati e cronicizzati da tempo in dinamiche familiari di difficile comprensione e non è sempre ovvio riuscire a distinguere le emozioni che costringono questi giovani nelle loro camerette di bambini.
Gli schermi della playstation e del PC sono in questo senso degli utili alleati per poter cadere nell’oblio e forse anche per potersi sentire parte di un mondo che anziché selezionare all’ingresso e fare differenze tra migliori e peggiori accoglie chiunque voglia partecipare senza giudizio e senza pretese. Nel mondo dei giochi online e in generale della rete si può competere senza perdere qualcosa davvero e soprattutto ci si può riempire di relazioni e di cose senza pagare lo scotto del fallimento e del giudizio.
La sfida resta quella di cercare di capire cos’è che ci tiene incastrati.
Ho 21 anni.
Da bambino, mentre emozionato scoprivo il mondo, osservavo i grandi e mi immaginavo nel futuro. Sarei diventato un astronauta o forse un importante operatore umanitario che sostiene la lotta contro la fame nel mondo.
Poi sono cresciuto, sono arrivate le scuole medie. Le verifiche e i voti mi hanno sempre messo in agitazione e con i compagni riuscivo solo a stringere relazioni superficiali. A volte mi sentivo escluso, preso in giro, non abbastanza interessante da piacere agli altri. Forse ero molto introverso e la vicinanza mi ha sempre fatto un po’ paura.
Sono riuscito a prendere il diploma, con fatica. Mi sono sempre sentito fuori posto, spesso mi chiedevo a cosa sarebbero servite le equazioni, con difficoltà immaginavo il futuro.
Quando ho finito di studiare è iniziato il calvario.
Davanti a me tante possibilità, tutte le facoltà immaginabili, senza sapere quale scegliere.
Ho pensato di cercare lavoro, lunghe file alle agenzie interinali e qualche e-mail che poteva tranquillamente finire nello spam. Poche proposte, qualche stage sottopagato che mi faceva sentire dall’altra parte nella lotta per la fame nel mondo.
Tra i miei coetanei c’è chi lavorava e chi no ma comunque io mi sono ripromesso di non finire a fare l’impiegato o l’addetto delle pulizie per 7 miseri euro all’ora.
Mi fa rabbia pensare al futuro, specialmente se ne parlo con i miei.
Mi viene l’ansia e non so che fare.
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TIARE’
FARE CLINICA